IL TRIBUNALE 
 
    Decidendo in ordine  all'istanza  avanzata  in  data  odierna  da
Maggio Roberto, nato a Campi Salentina il 3 giugno 1961 in  relazione
al procedimento n. 4571/2008 RGNR con la quale il predetto chiede  di
essere ammesso  al  gratuito  patrocinio  a  spese  dello  Stato,  ha
pronunziato la seguente ordinanza. 
    L'istanza e' stata presentata nelle forme prescritte dalla  legge
in quanto: 
        1) vi e' firma dell'istante autenticata  ai  sensi  dell'art.
38, comma 3 d.P.R. n. 445/2000; 
        2) e'  allegato  il  numero  di  codice  fiscale  suo  e  dei
famigliari conviventi; 
        3) i redditi risultanti dalla documentazione di cui ai  punti
che precedono rientrano  nei  limiti  previsti  per  l'ammissione  al
gratuito patrocinio e non risultano precedenti  ostativi,  ne'  altri
precedenti  significativi  della  probabile  attuale  possidenza   di
redditi o ricchezze di provenienza illecita; 
        4) vi  e'  l'impegno  dell'istante  a  eseguire  nel  termine
prescritto le comunicazioni di cui all'art.  5,  comma  1,  lett.  c)
legge n. 217/1990. 
    Va  tuttavia  rilevato  che  l'imputato  risulta  aver  riportato
condanna, con sentenza emessa dal GIP del Tribunale di Lecce in  data
18 dicembre 2001, per il delitto di associazione di  stampo  mafioso,
per fatti risalenti al 2000; a mente dell'art. 76, comma 4-bis d.P.R.
n. 115/2002, novellato dall'art. 12-ter,  comma  1,  lett.  a)  della
citata legge n. 125/2008, cio' comporta che  il  reddito  si  ritiene
superiore ai limiti previsti. 
    A tanto si  perviene  attraverso  l'introduzione  di  una  doppia
presunzione assoluta, perche' relativa sia alla capacita'  di  taluni
delitti (compresi quelli associativi,  anche  se  non  seguiti  dalla
concreta attuazione del programma delittuoso)  di  generare  reddito,
sia alla entita' del reddito che tali delitti sono idonei a  produrre
anche con riferimento all'ultimo anno in  relazione  al  quale  siano
scaduti i  termini  per  la  presentazione  della  dichiarazione  dei
redditi, e che la legge stima, senza possibilita' di prova  contraria
e di alcuna verifica in  concreto,  essere  in  misura  superiore  ai
limiti fissati dalla  legge  per  poter  accedere  all'ammissione  al
gratuito patrocinio. 
    In sostanza, la norma e'  stata  costruita  incidendo  su  di  un
profilo che riguarda il momento valutativo circa la ricorrenza di uno
dei presupposti  di  ammissibilita';  verosimilmente  nel  timore  di
incorrere in censure di costituzionalita' per violazione dell'art.  3
Cost. il legislatore ordinario, piuttosto che escludere «tout  court»
dall'ammissione al gratuito patrocinio i soggetti gia' condannati per
determinati delitti, ha posto una presunzione assoluta  di  capacita'
patrimoniale degli  stessi  ad  affrontare  le  spese  del  giudizio,
elevando una norma  di  esperienza  relativa  e  da  sottoporre  alla
verifica del caso concreto (quale, quella  appunto,  in  ordine  alle
capacita'  locupletive  proprie  di  determinati  delitti),   ad   un
accertamento  ritenuto  indiscutibile  per  legge,  cosi'   ritenendo
tuttavia di poter  evidenziare  una  adeguata  ratio  giustificatrice
dell'esclusione dal beneficio per talune categorie di soggetti. 
    Tanto comporta comunque, a parere del Tribunale,  una  disparita'
di trattamento tra aspiranti all'ammissione al gratuito patrocinio, e
tra  gli  stessi  soggetti  gia'  ammessi  prima  della  novella,  in
relazione alle modalita' di determinazione dei redditi disponibili  e
del superamento o meno della soglia di redditivita'  che  costituisce
condizione per accedere al patrocinio a spese dello Stato. 
    Ed invero, la duplice  presunzione  di  redditivita'  sottesa  al
disposto  dell'art.  76,  comma  4-bis,  legge  n.  125/2008   appare
duplicemente   irragionevole,   e   pertanto   operatrice   di    una
ingiustificata  disparita'  di  trattamento  in  danno  dei  soggetti
contemplati dalla norma. 
    Come infatti si e' accennato, va in primo luogo sottolineato  che
l'essere  stati  condannati  per  determinati  delitti  non  comporta
necessariamente l'averne conseguito il reddito: si  pensi  ad  es.  a
tutte le ipotesi in cui il profitto venga conseguito da solo uno  dei
complici che non lo  divida  con  i  correi;  o  ai  casi,  nei  c.d.
delitti-contratto, comuni in particolare nelle fattispecie in tema di
stupefacenti, in cui l'acquirente  non  paghi  la  res  illecita  pur
consegnatagli o comunque il reo non si veda corrispondere  il  prezzo
del delitto concordato; ma prima di  tutto  si  pensi  a  tutti  quei
delitti associativi in cui in concreto non si sia  conseguito  ancora
alcun  profitto  per  non  essersi  ancora  verificato  il  passaggio
all'esecuzione dei delitti fine (la cui commissione non e' necessaria
alla consumazione del reato associativo di cui all'art. 74, d.P.R. n.
309/1990), o il lucro prodotto da questi ultimi sia stato  minimo,  o
per altre ragioni il singolo  richiedente  ne  abbia  beneficiato  in
misura inidonea a fargli conseguire le  capacita'  reddituali  a  cui
consegue,  in  via  ordinaria  e  per  tutti  gli  altri  consociati,
l'esclusione dall'ammissione al gratuito patrocinio. 
    In secondo luogo, occorre poi osservare che  la  commissione  dei
delitti tipizzati dalla norma, quand'anche produca effettivamente  un
illecito  profitto,  non  comporta  affatto  che  detto  reddito,   o
capacita' di produrlo, permanga sino al periodo che la legge, in  via
generale,  prende  in  considerazione  ai  fini  delle  verifiche  di
redditualita', e che identifica  -  giusta  il  riferimento,  operato
dall'art. 76, comma 1, d.P.R. n. 115/2002,  all'ultima  dichiarazione
dei redditi - nell'anno antecedente quello in cui  la  domanda  viene
presentata. 
    Nel caso in oggetto, per meglio  esemplificare  la  situazione  e
sottolineare la rilevanza della quesitone,  deve  infatti  osservarsi
come le condanne riportate dal  Maggio  per  i  delitti  ostativi  si
riferiscano al non recente 2000, e quindi ad un  periodo  di  9  anni
antecedente quello in cui l'ammissione e'  stata  richiesta:  laddove
appare del tutto irragionevole ritenere che un  «ordinario»  guadagno
da illecito possa protrarre i propri  effetti  reddituali  e  con  la
rivelanza preventiva dell'art. 76 del d.P.R. n. 115/2002, per un arco
temporale cosi' lungo. 
    Ritiene pertanto il tribunale che la norma di  cui  all'art.  76,
comma  4-bis,  d.P.R.  n.  115/2002   sia   affetta   da   vizio   di
costituzionalita' per violazione degli artt. 3 e 24 Cost., in  quanto
opera un'ingiustificata disparita' di  trattamento  tra  gli  istanti
all'ammissione al gratuito patrocinio,  cosi'  comprimendo  solo  per
taluni il diritto costituzionale di difesa,  nei  limiti  in  cui  la
norma in oggetto pone una presunzione assoluta che priva  il  giudice
del potere di verificare se i reati per cui si e' conseguito condanna
abbiano effettivamente prodotto un reddito, e se lo stesso  permanga,
in  misura  superiore  ai  limiti  stabiliti   quale   requisito   di
accoglibilita'  dell'istanza,   anche   nell'anno   precedente   alla
presentazione della medesima; per tali ragioni rimette  la  questione
alla Corte costituzionale, sospendendo la decisione  in  ordine  alla
ammissione dell'istante al gratuito patrocinio,  essendo  la  dedotta
questione rilevante, attesa  la  regolarita'  formale  della  domanda
(come osservato in premessa) e l'assenza di ragioni note ostative  al
suo accoglimento.